Impugnabilità dei provvedimenti del giudice istruttore...
...quando non si trova una soluzione
La saggezza popolare spesso si coniuga in proverbi anche fantasiosi ma certamente capaci di esprimere emozioni e significati. Quando si dice "fare il brodo con uno stecchino" solitamente si intende "arrangiarsi con quello che si ha" ma il problema è che, tanto per continuare la perifrasi, talvolta non tutti sono d'accordo su "quale stecchino usare".
Quando il legislatore è frettoloso o "ha tanta stima nelle nostre capacità interpretative" emana norme poco chiare e di lì scaturiscono "fiumi di parole" che però a differenza della canzoni, incidono alla fine nella vita di persone comuni perdendo la caratteristica della certezza del diritto ma dando luogo a stratificazioni per aree geografiche, per distretti o peggio per "aule".
Uno dei tanti problemi emerso a seguito dell'emanazione dell'ultima novella del 2006 è quello dell'impugnabilità dei provvedimenti del giudice istruttore nei procedimenti di separazione personale.
Chiara l'introduzione dell'ultimo comma dell'art. 708 c.p.c. che prevede la reclamabilità dei provvedimenti presidenziali alla Corte d'Appello, e chiara e condivisibile, in linea di principio, è la ratio. Infatti, nella maggior parte dei casi, il presidente, o il giudice delegato, sulla base di una documentazione talvolta scarna e lacunosa, è sollecitato a rendere provvedimenti provvisori ed urgenti perché le parti spesso ripongono in essi aspettative di "cambiamento" non ulteriormente differibili.
Dunque il reclamo avverso l'ordinanza presidenziale è una sorta di clausola di salvaguardia che prevedere una "rivisitazione" di quel provvedimento, che per quanto provvisorio, purtroppo il più delle volte finisce per essere definitivo.
A questo si affianca la possibilità prevista dall'art. 709, IV co., c.p.c. di chiedere la revoca o la modifica dei provvedimenti presidenziali al giudice istruttore.
Con plauso è stata accolta l'innovazione che ha previsto la reclamabilità dei provvedimenti emessi in sede presidenziale, ma all'atto pratico in precedenza "il brodo" – tanto per tornare alla metafora introduttiva – si faceva comunque. Alla prima udienza utile innanzi al G.I. si proponeva istanza di revoca o modifica dell'ordinanza presidenziale, strumento che, sia pure con diverse garanzie e presupposti, permetteva di ottenere un provvedimento difforme al precedente.
A bene vedere però, in ipotesi di accoglimento dell'istanza di modifica, l'efficacia del provvedimento evocato/modificato dura al massimo qualche mese. Quanto può durare, invece, un provvedimento del giudice istruttore, su istanza di revoca, modifica o ex art. 709 ter c.p.c.? Anche fino al termine del procedimento. Il che potrebbe significare anni.
È qui che sorge immediata l'esigenza di tutela e ci si "guarda intorno" alla ricerca di uno strumento che possa rimuovere, o almeno far ridiscutere, provvedimenti che altrimenti potrebbero diventare "pietre tombali".
Le ordinanze, si sa, in linea di principio "possono essere sempre modificate o revocate dal giudice che le ha pronunciate, ai sensi dell'art. 177 cpc. Nei casi in cui abbiano ad oggetto le modalità di affidamento – e sono quelli che più frequentemente sono oggetto di istanze di modifica – il legislatore, per quanto "frettoloso", all'ultimo comma dell'art. 709 ter c.p.c. espressamente statuisce: "I provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili nei modi ordinari".
Dunque l'impugnazione espressa è prevista, sia pure solo per i provvedimenti che vertono sull'affidamento (o quelli che possano essere ricollegati al procurato pregiudizio al minore), ma che tipo di impugnazione???
Come i passatempi enigmistici pare che la soluzione ci sia ma non si vede. A stretto rigore letterale nei "modi ordinari" non si può ricomprendere il reclamo ex art. 708 ult. co. c.p.c..
E di questo avviso è la Corte d'Appello Salernitana.
"È da ritenere che l'impugnazione prevista dall'art. 708, IV co. c.p.c. (...) sia stata coordinata dall'ordinamento con esclusivo riferimento dell'ordinanza presidenziale. A fronte del preciso dato, la giurisprudenza delle Corti d'Appello formatasi dopo la modificazione della norma ora indicata, determinata dalla L. n. 54/2006, si orienta, infatti in modo del tutto prevalente nel senso dell'esclusione dell'ammissibilità del reclamo regolato dall'ultimo comma dell'art. 708 c.p.c. con riferimento ai provvedimenti provvisori emessi dal giudice istruttore; ciò oltre che per il rispetto del ricordato dato letterale, anche per l'ossequio al principio di tassatività dei mezzi di impugnazione e per la valorizzazione dell'elemento teleologico. A tale ultimo riguardo, si evidenzia condivisibilmente che l'ordinamento ha stabilito il mezzo per i soli provvedimenti presidenziali, i quali sono emessi in una situazione di sommarietà degli accertamenti propri della fase iniziale dei procedimenti in
esame (...). Per contro, analogo intervento della Corte per riesaminare i provvedimenti del giudice istruttore nel corso della fase successiva, nella quale le parti hanno la possibilità di apportare e sollecitare l'acquisizione degli
elementi idonei per l'approfondimenti dei temi della vertenza, non avrebbe la stessa funzione. Ed è particolarmente significativo (...) che per escludere l'ampliamento del reclamo alla corte d'appello dei provvedimenti del giudice istruttore viene da alcuni addotto che l'art. 709 ter c.p.c. (...) stabilisce che i provvedimenti assunti dal giudice del procedimento sono impugnabili con i modi ordinari. Così disponendo, pertanto, l'indicata norma non ha fatto alcun riferimento al mezzo peculiare di cui all'art. 708, ult. co. c.p.c., essendo arduo considerare tale richiamo come ricompreso in quello ai modi ordinari di impugnazione." La Corte poi, indugia su se tali provvedimenti debbano ritenersi del tutto non impugnabili, "oppure debbano ritenersi – sulla base del convincimento dell'intervenuta assimilazione fra provvedimenti cautelari anticipatori e provvedimenti temporanei ed urgenti (anche in virtù della riforma dell'art. 669 octies c.p.c. intervenuta nel 2005, da cui è scaturita la strumentalità attenuata dei provvedimenti cautelari anticipatori), per cui la negazione del reclamo avverso gli stessi potrebbe concretare un'ingiustificata disparità di trattamento – impugnabili sì ma con lo strumento del reclamo cautelare innanzi al tribunale in composizione collegiale (senza la partecipazione del giudice istruttore estensore del provvedimento reclamato)".
[Appello Salerno 10.04.08 – Cons. Rel. Vincenzo Siani] Nello stesso solco giunge ad uguale dichiarazione di inammissibilità del reclamo proposto ex art. 708 c.p.c. avverso il provvedimento del giudice istruttore.
Qui la Corte dichiara l'inammissibilità del reclamo "in quanto lo speciale rimedio introdotto dalla novella legislativa del 2005 riguarda esclusivamente l'ordinanza resa dal Presidente all'esito dell'udienza introduttiva resa dal Presidente all'esito dell'udienza introduttiva prevista dal citato art. 708.". Poi continua individuando il presupposto nell'art. 12 delle disposizioni sulla legge in generale ove si dice che "nell'applicare la legge non si può ad essa attribuire altro senso che quello fatto palese dal significato proprio delle parole secondo la connessione di esse e dalla intenzione del legislatore" e dunque non può darsi applicazione estensiva dell'art. 708 c.p.c. perché in esso si fa espresso riferimento all'applicazione ai soli provvedimenti di cui al terzo comma.
La Corte, inoltre, esclude la possibilità di ogni altra qualificazione dell'impugnazione in quella sede perché il reclamo non sarebbe riconducibile né alla fattispecie ex art. 669 terdecies c.p.c., (da proporre innanzi al Tribunale in composizione collegiale) né all'art. 739 c.p.c., "atteso che tale norma prevede la reclamabilità dei decreti emessi dal Tribunale in composizione collegiale (art. 50 bis co.I, n.1 c.p.c.) in camera di consiglio all'esito di un procedimento svoltosi con il rito camerale (art. 737 c.p.c.) ma tale natura non presenta il provvedimento in discorso, il quale ha natura di ordinanza ed è stato pronunciato dal giudice monocratico nell'ambito di un procedimento di rito ordinario". [Appello Salerno 17.07.08 – Cons. Rel. Rosa Sergio]
Avverso questa, a mio avviso, esatta interpretazione normativa, nello stesso distretto di Corte d'Appello sia il Tribunale di Salerno che la sezione distaccata del Tribunale di Vallo della Lucania dichiarano l'inammissibilità del
reclamo avverso il provvedimento del giudice istruttore promosso ai sensi dell'art. 669 terdecies c.p.c..
La prima declaratoria di inammissibilità [Trib. Salerno, 17.07.08, Giudice Rel. Vito Colucci] richiamando l'ordinanza del Tribunale di Verona del 20.02.03 evidenzia che "i provvedimenti emanati dal giudice istruttore ai
sensi dell'art. 708 c.p.c. nel giudizio di separazione non hanno natura cautelare e perciò non sono reclamabili al collegio"; inoltre aggiunge che "i provvedimenti emessi in sede presidenziale o dal giudice istruttore ex art. 708
c.p.c. sono attualmente sempre modificabili e revocabili nel corso del giudizio anche in base a una eventuale riconsiderazione degli elementi posti a fondamento dei provvedimenti stessi, mentre la modifica e la revoca del
provvedimento cautelare presuppongono l'intervenuto mutamento delle circostanze preesistenti o la allegazione di fatti anteriori di cui si è acquisita conoscenza successivamente al provvedimento cautelare ..."
Di uguale avviso circa l'inammissibilità la sezione distaccata del Tribunale di Salerno [Tribunale di Vallo della Lucania, 23.10.08, Giudice Rel. Mariano Sorrentino] sull'assunto che la "tassatività dei mezzi di impugnazione non consente applicazioni per analogia del rito cautelare uniforme".
Per trarre delle conclusioni e chiudere il cerchio aperto con la metafora del "brodo con lo stecchino" quando il legislatore è vago o lacunoso si aprono spazi di interpretazione per "trovare lo stecchino con cui arrangiare il brodo", ma, quel che è peggio, è che talvolta non c'è accordo neanche sullo stecchino da usare e quel brodo, che di per sé già sarebbe una pietanza preparata con ingredienti di ripiego finisce per non potersi preparare affatto. Così nel distretto di Corte d'Appello di Salerno, come potrebbe capitare altrove, c'è la paradossale situazione di "assenza di giustizia" che si concretizza nella mancanza dell'individuazione comune di un mezzo per impugnare i
provvedimenti del giudice istruttore.
In tutto questo si dimentica che, almeno per alcuni provvedimenti (quelli emanati ex art. 709 ter c.p.c., impugnabili nei modi ordinari) il legislatore ha affermato che almeno lo stecchino per fare il brodo ci vuole!!!