Affidamento e babysitter
Cose da… TRIBUNALI!
Potrebbe capitare anche a noi…
di perdere l’affidamento dei figli perché deleghiamo troppo il nostro ruolo.
Il Tribunale di Trani - nella sentenza che concludeva una causa di divorzio – confermava l’accordo raggiunto tra i coniugi nella separazione ed affidava i figli al padre, confermandogli l’assegnazione della casa, nonostante la madre ne avesse chiesto l’affidamento. Per questo motivo la donna propose appello ed il giudice del gravame stabilì che i figli fossero affidati alla madre con assegno di mantenimento a carico del padre.
In realtà, nel processo si ebbe modo di evidenziare e comprendere che la madre si era occupata dei figli in modo molto più ampio di quanto stabilito negli accordi, anche e soprattutto perché il padre per “impossibilità o altri motivi” aveva delegato a terzi i suoi compiti. Queste risultanze emergevano dalla relazione dell’assistente sociale e dalla consulenza psicologica svolta in sede processuale, oltre che “dalle ammissioni delle stesse parti relative, ad esempio, all’intervento di terze persone nell’accudimento dei figli”.
Avverso il provvedimento della Corte d’Appello il padre ricorreva alla Corte di Cassazione adducendo tra gli altri motivi che non erano stati valutati attentamente gli interessi dei figli. La Suprema Corte (sez. I, 17 gennaio 2003, n. 648) si riportava alla sentenza impugnata facendo notare come il giudice d’Appello avesse ribadito in sentenza che “è necessaria un’analisi al fine di identificare in concreto quale dei genitori appaia il più idoneo allo svolgimento quotidiano del ruolo di affidatario; ruolo che presuppone la capacità di assumersi numerosi e complessi compiti fra cui, l'organizzazione della giornata del figlio, la cura della persona, lo svolgimento dei compiti scolastici, la soluzione di problemi di carattere sanitario, l'abilitazione ai rapporti interpersonali, l'esercizio di attività sportive, il buon uso del tempo libero, ecc..”
Il Giudice di legittimità continuava l’osservazione a difesa della sentenza impugnata dicendo che “la ragione fondamentale - ricavabile dalla sentenza nel suo complesso -, per cui la corte barese affida i due minorenni alla madre, consiste nel fatto che ella, anche dopo la separazione, ha svolto effettivamente, nei limiti di tempo che le erano concessi dal regime di "visita", il ruolo materno, tenendo con sé i figli ogni giorno, accudendoli e curandone i rapporti con l'ambiente esterno; per contro, il genitore affidatario, per necessità o per qualsiasi altro motivo, ha avuto un ruolo meno incisivo, delegando a terzi (nonna, baby-sitter) molte funzioni che bambini di quella età attendono solitamente dalla madre.” Per questi motivi era superabile anche l’eccezione del padre secondo cui il cambiamento di ambiente avrebbe comportato un trauma per i figli. Tale trauma infatti non è da considerarsi ove, tra l’altro, sono gli stessi figli a desiderare di ricongiungersi alla madre.
Dalla vicenda in esame si intende che per quanto con separazione consensuale fu la stessa madre a “cedere” i figli al padre, non si sottrasse ai suoi doveri di assistenza restando costantemente nella vita dei figli anche per i periodi o incombenze che andavano oltre gli orari di visita. Vissuto nel tempo con più consapevolezza il ruolo di madre (sia pure “separata”), la donna durante il procedimento di divorzio chiedeva che i figli fossero affidati a lei proprio perché era stata lei a “riempire” gli spazi di un padre più assente e che delegava le sue “incombenze” di genitore ad altri. Questo “spazio” vuoto colmato dalla madre aveva legittimato il provvedimento del giudice d’Appello che affidava i figli alla madre e ne disponeva il trasferimento presso di lei senza che quest’ultimo fatto (cioè lo sradicamento dall’habitat) venisse considerato traumatico o al punto da impedire il realizzarsi dell’interesse dei figli che è quello di vivere con chi si prende materialmente cura di loro. L’insegnamento che è facile trarre dunque è che il ruolo dell’affidatario (o collocatario con la L. 54/06) deve essere di genitore effettivo e non “delegante”.