Inadempimento: recesso o risoluzione?
Da NERO SU BIANCO 2/2006
Cose da… TRIBUNALI!
Potrebbe capitare anche a noi…
… In caso di inadempimento contrattuale recedere o risolvere?
Fatto. Il 5.11.94 i coniugi M. avevano promesso di vendere entro il 15.3.95 un appartamento, di cui non erano ancora proprietari, al sig C.G. che versava la somma di £. 15.000.000 a titolo di caparra confirmatoria. Tempo dopo il sig. C.G. veniva a sapere che l’impresa costruttrice dalla quale i coniugi M. avrebbero dovuto acquistare l’immobile, era in difficoltà economiche ed aveva chiesto l’ammissione alla procedura di amministrazione controllata. Il sig. C.G. ricorreva in Appello – dopo che il Tribunale di Grosseto gli aveva rigettato la domanda per mancanza di prove – per chiedere l’annullamento del contratto per dolo – in quanto sosteneva che i coniugi M. al tempo della redazione del preliminare erano a conoscenza dello stato di insolvenza dell’impresa costruttrice – o, in subordine la risoluzione per grave inadempimento dei promettenti venditori con la conseguente condanna alla restituzione al doppio della caparra oltre al risarcimento di tutti i danni subiti quantificabili in £. 40.000.000. La Corte di Appello di Firenze con sent. del 15.03.2000 accoglieva la domanda di C.G. dichiarando risolto il contratto per inadempimento dei coniugi M. e li condannava al pagamento del doppio della caparra oltre interessi rigettando però la richiesta di risarcimento danni perché non provata.
Avverso questa sentenza ricorrono per Cassazione i coniugi M. e la Suprema Corte – con Sentenza n. 18850/04 – accoglie il ricorso stabilendo il seguente principio di diritto: “i rimedi risarcitori di cui al 2° e 3° comma dell’art. 1385 non sono cumulabili tra loro e pertanto il giudice adito non poteva pronunciare la risoluzione del contratto ed a tempo stesso condannare la parte inadempiente a pagare, pur in assenza di prova dei danni, il doppio della caparra ricevuta … perché chiede la risoluzione del contratto, significa che intende realizzare gli effetti dell’inadempimento contrattuale, ai sensi dell’art. 1453 c.c. e non esercitare il recesso di cui al 2° dell’art 1385”
Eppure è nel bagaglio di conoscenze di tutti noi quel principio “di buon senso” secondo cui se abbiamo versato una caparra e l’altra parte non “ha mantenuto i patti” si può chiedere di sciogliere il vincolo contrattuale, il doppio della caparra e magari anche il risarcimento del danno. Ma gli strumenti giuridici sono come bisturi sottili, ognuno diverso dall’altro seppure apparentemente simili. La situazione comune da cui parte l’analisi è l’inadempimento contrattuale di non scarsa importanza, davanti al quale si prospettano due soluzioni diverse in quanto agli effetti ed alla prova a carico di chi vuole svincolarsi dal contratto. Se si sceglie la strada della risoluzione (art. 1453 c.c.) è possibile ottenere la restituzione di quanto versato a titolo di caparra (ma non il doppio) oltre agli interessi legali ed il risarcimento del danno cagionato dal contraente inadempiente. Il danno però dovrà essere dimostrato e potrebbe anche essere di una somma inferiore (o superiore) all’importo della caparra. La sentenza sarà costitutiva. Se invece si intraprende la strada del recesso (art. 1385, 2° comma) si potrà ottenere solo il doppio della caparra ma non sarà necessario dimostrare l’eventuale danno subito a causa dell’inadempimento. La sentenza sarà dichiarativa. Ricapitolando una volta versata la caparra e verificatosi l’inadempimento, sarà necessario verificare se il danno arrecato con l’inadempimento è facilmente dimostrabile e se è di importo superiore alla caparra, altrimenti sarebbe preferibile chiedere solo il recesso dal contratto ed accontentarsi del doppio della caparra.